Cosa vedere
Il palazzo del XVI secolo
Interessante edificio del '500 calabrese
Il Palazzo Spinelli sorge nell'antico centro abitato di Aieta e domina, con la sua imponenza, le sottostanti costruzioni.
Fu fatto costruire nel XVI sec. dai Marchesi Cosentino, signori di Aieta dal 1577. Il palazzo passò nel 1571 ai Cosentino e fu venduto agli Spinelli di Scalea nel 1767. Nel 1913 fu dichiarato monumento nazionale, per poi diventare di proprietà del Comune di Aieta nel 1980.
Al centro della facciata il loggiato con colonne ed archi in pietra locale grigia scolpita circondato da balconi e finestre con stipiti e cornici realizzati con la medesima pietra.
La facciata illuminata con il portale d'ingresso al Palazzo. L'edificio si articola in tre piani: il seminterrato, con strutture di notevole spessore (i muri perimetrali esterni misurano ben 1,75 m. e quelli di partimento 0,55 m.), il pianterreno ed il primo piano, alti rispettivamente 6 e 5 m. L'insieme, di notevole interesse storico-architettonico per la grandiosità dell'impianto e l'imponenza delle linee architettoniche, rappresenta uno dei pochi esempi di edifici civili del '500 in Calabria.
L'edificio presenta una pianta ad "U". Al pianterreno vi era il corpo di guardia, le sale di vigilanza e di attesa, la Cappella, l'ufficio del marchese, la sala di ricevimento, le sale di soggiorno, di musica e di gioco, le cucine, le dispense e la sala delle armi. I sotterranei ospitavano le prigioni, le cantine, le cisterne dell'acqua ed erano illuminati da nove finestre munite di massicce inferriate e vi si accedeva dall'interno con le scale. Il primo piano ospitava tutte le camere da letto.
Le torri di servizio e di sorveglianza erano due, ad Est: la prima era attrezzata per la difesa; la seconda, che aveva forma quadrangolare, ospitava le cucine e vari servizi. Vi era inoltre la colombaia, rivolta a Nord - Est, dove si allevavano i piccioni viaggiatori, utili per le comunicazioni.
La valle dei Mulini
Il recupero e la valorizzazione degli opifici idraulici, localizzati in un’area di estremo interesse dal punto di vista storico-archeologico ed ambientale, si colloca nell’attuale tendenza al recupero della cultura materiale.
La via dei mulini rappresenta un legame storico con il fiume, i campi ed il paese. Per secoli i mulini ad acqua hanno rappresentato uno strumento indispensabile per l’alimentazione di una popolazione urbana e rurale, vitali per un’economia agricola sono sopravvissuti fino a che non sono stati sostituiti da mulini più moderni ed alimentati ad energia elettrica.
La tecnologia.
L’acqua viene raccolta nelle condutture collocate ad un livello superiore agli edifici, la caduta al livello inferiore e la creazione di un potente getto d’acqua alimentano le ruote orizzontali. Il mulino calabrese è prevalentemente del tipo a ruota orizzontale. La ruota lignea (ritrecine) ad asse verticale o a cucchiai viene alimentata da una piccola doccia in legno. Un’imboccatura più o meno stretta a seconda delle stagioni e del regime delle acque, provvede a dirigere con forza il getto d’acqua sui cucchiai costringendo l’albero alla rotazione. La doccia è a sua volta alimentata dall’alto da un bacino di raccolta dell’acqua, sovente dissimulato da una torretta sormontata talora da una croce. La ruota lignea è composta da una serie di pale montate sullo stesso asse della ruota, intagliate in modo da offrire al flusso
d’acqua una superficie concava e leggermente obliqua e sfruttare al massimo la potenza del gettito. Il moto si trasmette tramite l’asse della ruota che è direttamente collegata alle due mole (soprana e sottana), l’una rotante e l’altra fissa che dimorano nella stanza superiore. Le mole, che hanno nella maggior parte dei casi esaminati, un diametro inferiore a mt. 1,50 sono talvolta di pietra locale, talvolta sono state sostituite agli inizi del secolo dalle francesi “la fertè”, apprezzate per una minore friabilità. Le mole, di cui quella fissa è contenuta in una struttura in muratura, sono sormontate da una tramoggia di caricamento del cereale, il cui flusso viene regolato tramite una cordicella”. (da “Mulini ad acqua in Calabria” di Antonio e Francesco Arena, 1983)
I Mulini abbandonati costituiscono manufatti/elementi di archeologia industriale che hanno segnato il territorio.
Leggi tutto